Cardioncologia

1. Cuore e tumori: il ruolo della cardioncologia

La cardioncologia è una nuova branca della medicina, a cavallo tra la cardiologia e l’oncologia che ha come fine la cura del paziente cardiopatico che sviluppa neoplasia, quella del paziente oncologico che sviluppa danno cardiologico e la cardioprotezione, intesa come l’insieme di trattamenti e di indagini che diminuiscono il rischio di cardiotossicità.
Questa nuova branca della medicina ha infatti, l’obiettivo di offrire al paziente neoplastico, competenze idonee per affrontare i problemi cardiologici che si possono sviluppare nel corso della terapia antitumorale, spesso cardiotossica e che potrebbero comportare un peggioramento della qualità della vita.
Quindi, un paziente portatore di una neoplasia può andare incontro ad un evento cardiaco, ma può accadere anche che un paziente cardiopatico si ammali di tumore.
Tali possibilità sono anche legate al miglioramento della sopravvivenza di entrambe le popolazioni.

La cardioncologia tratta una vasta gamma di patologie cardiache che possono emergere come conseguenza della terapia oncologica. Queste possono includere:

  • Cardiomiopatia (un deterioramento della funzione cardiaca)

  • Ipertensione arteriosa legata alla terapia

  • Alterazioni della funzione ventricolare

  • Tossicità vascolare

  • Insufficienza cardiaca

  • Ischemia miocardica o infarto

  • Disturbi del ritmo cardiaco (aritmie), Fibrillazione atriale ed altri

  • Pericardite (infiammazione del pericardio, la membrana sottile che circonda il cuore)

Numerosi farmaci antitumorali sono responsabili del danno cardiovascolare, quando vengono usati in combinazione, l’effetto si amplifica. 

Ricordiamo le classi più importanti:

Antracicline, possono determinare scompenso cardiaco e tale rischio è direttamente proporzionale alla dose utilizzata. Tale farmaco presenta un doppio meccanismo d’azione: è un agente intercalante, ossia si inserisce tra le basi del DNA e ne blocca la sintesi e la trascrizione; inoltre, inibisce l’enzima topoisomerasi II, con conseguente rottura della doppia elica del DNA. Sono farmaci di grande efficacia terapeutica, sia in monoterapia che combinati con altri farmaci e vengono utilizzati per il trattamento di molti tumori, sia solidi che ematologici (es mammella, esofago, sarcomi e linfomi).

Agenti alchilanti (ciclofosfamide, ifosfamide, melfalan), inibiscono la proliferazione cellulare interferendo con la replicazione e la trascrizione del DNA. Possono determinare disfunzione cardiaca anche subito dopo la loro somministrazione. Vengono impiegati in un vasto numero di tumori: vescica, polmone, mammella, ovaio, cervice, sarcomi e tumori ematologici.

Agenti anti-microtubuli, i taxani (paclitaxel, docetaxel) interferiscono con il sistema microtubulare delle cellule interrompendo la divisione cellulare. Possono potenziare il rischio di tossicità da antracicline. Inoltre, il paclitaxel può determinare bradicardia ed aumentare il rischio di blocchi della conduzione elettrica cardiaca.

Farmaci anti-HER2, i tumori mammari che possiedono iperespressione di questo recettore, sono solitamente tumori estremamente aggressivi e resistenti alle terapie tradizionali. Sono state introdotte terapie mirate contro questo recettore che hanno migliorato la prognosi dei pazienti. Tuttavia, tale recettore è espresso anche nei cardiomiociti e l’uso di questi farmaci può causare scompenso cardiaco.

Farmaci anti-angiogenici, i tumori sono solitamente ricchi di vasi sanguigni e questi farmaci, attraverso il blocco del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF), vanno ad effettuare la loro azione antiblastica. A questa classe appartengono varie molecole: l’anticorpo monoclonale bevacizumab, la proteina di fusione aflibercept, le piccole molecole inibitrici della tirosin-chinasi recettoriale (sunitinib, sorafenib). Vengono utilizzati per numerosi tumori solidi e possono determinare come effetti collaterali, oltre allo scompenso cardiaco, ipertensione arteriosa, trombosi, ischemia cardiaca.

Immunoterapia, negli ultimi anni ha rivoluzionato il trattamento delle neoplasie, migliorando la gestione di un ampio spettro di tumori solidi ed ematopoietici. L’immunoterapia sfrutta il sistema immunitario del paziente, attivandolo contro le cellule tumorali, che vengono viste come elementi estranei al corpo. Tra i più utilizzati, ricordiamo gli inibitori del checkpoint e gli agenti chimerici del recettore T-cell (CAR-T). Questi farmaci possono determinare miocardite, scompenso cardiaco, pericardite, vasculite.

Un paziente dovrebbe consultare un cardioncologo:

  • Prima di iniziare una terapia oncologica conosciuta per avere potenziali effetti collaterali cardiovascolari, per una valutazione di base e per definire eventuali strategie preventive;
  • Se sviluppa sintomi cardiaci (come dispnea, dolore toracico o palpitazioni) durante o dopo una terapia oncologica;
  • Se esistono fattori di rischio cardiovascolari preesistenti che potrebbero essere esacerbati dalla terapia oncologica;
  • Su raccomandazione dell’oncologo, in particolare se le terapie previste hanno un noto profilo di rischio cardiovascolare.

La collaborazione tra oncologi e cardioncologi è fondamentale per garantire che i pazienti ricevano le cure migliori possibili, riducendo al minimo il rischio di complicazioni cardiache.

La radioterapia del mediastino è un noto fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, con conseguenze che possono manifestarsi anche molti anni dopo l’esposizione.

La radioterapia può indurre danno dei vasi sanguigni, compromette la struttura e la funzione delle valvole cardiache, accelera l’aterosclerosi, la fibrosi e può determinare pericardite costrittiva.

Sporadicamente, può presentarsi miocardite acuta e scompenso cardiaco. Tali manifestazioni possono presentarsi anche dopo 40 anni dall’esposizione iniziale.

È necessario, prima della terapia del mediastino, ridurre i fattori di rischio cardiovascolari.

È importante, innanzitutto, cercare di trattare o eliminare i fattori di rischio cardiovascolari classici come ipertensione arteriosa, diabete mellito, ipercolesterolemia, fumo di sigaretta, obesità.

Tutti questi elementi contribuiscono al danno cardiovascolare e potrebbero determinare un effetto additivo con i chemioterapici. Bisognerebbe seguire un regime dietetico bilanciato ed effettuare esercizio fisico.

Sono tutte misure che riducono al minimo il rischio di cardiotossicità.

Prima di intraprendere la chemioterapia, viene effettuata una visita cardiologica completa di elettrocardiogramma e, per i farmaci cardiotossici, ecocardiogramma transtoracico con color Doppler.

Il cardioncologo, in base ai risultati di queste indagini iniziali, potrà decidere se effettuare ulteriori accertamenti di livello più avanzato. Successivamente, ad intervalli che dipendono dal farmaco usato, si effettueranno esami strumentali e visite di controllo.

Il tromboembolismo venoso ricorre spesso nei malati di cancro e talvolta può essere il primo segno della neoplasia.

Può manifestarsi come trombosi venosa profonda ma anche come embolia polmonare; invece, il tromboembolismo arterioso si verifica maggiormente durante la terapia ormonale, con cisplatino e con farmaci anti-angiogenetici.

L’incidenza di trombosi dipende anche dal tipo di cancro, ad esempio è molto alta nel cancro del pancreas; invece, è bassa in quello della vescica.

Per prevenire il tromboembolismo si effettua la profilassi, in caso di chirurgia o di allettamento, con eparine a basso peso molecolare.

Per quanto riguarda invece, il trattamento della trombosi venosa profonda e dell’embolia polmonare si utilizzano anticoagulanti per via parenterale o per via orale.

La cardioncologia è una scienza dedita alla cardioprotezione. Il Prof Maurea lavora in tale ambito, e si occupa di  identificare farmaci e/o sostanze naturali capaci di proteggere il cuore dai danni della terapia. Evitare il danno cardiaco, non solo consente di garantire una migliore qualità della vita del paziente ma garantisce una terapia antitumorale prolungata.